Mamma, per piacere, raccontami una favola!

È da qualche anno che ho scoperto il piacere e l’importanza di raccontare e ascoltare favole. Raccontare favole ai bambini, che siano esse moderne o classiche, lette o inventate è una parte fondamentale del lavoro di uno psicomotricista. Come lo è pure quella di ascoltare le favole che hanno da raccontare i bambini, favole che raccontano delle loro vite, delle loro paure e della loro voglia di crescere.

Oggi viviamo una vita frenetica, le cose da fare sono molte.

Perché ci dovremo impegnare a raccontare ai bambini o a leggere loro delle storie?

La cosa richiede di trovare il tempo di rallentare e fermarsi, di impegnare la nostra mente e il nostro cuore, di sforzarsi. La moderna tecnologia ci offrirebbe infinite possibilità con la televisione e i tablet, sempre lì pronti e disponibili senza alcuno sforzo, capaci di assorbire e catturare l’attenzione dei bambini, liberando gli adulti dal peso di occuparsi di loro.

Perché mai leggere o raccontare storie ai bambini, quindi?

Vi sono vari motivi per raccontare o leggere storie, fiabe, novelle, racconti e poi romanzi ai bambini. Vediamoli brevemente uno per uno.

Riconoscere le emozioni e le esperienze proprie e altrui

Il più importante dei motivi è che ascoltare le fiabe è una delle principali vie attraverso la quale il bambino impara a riconoscere le emozioni, proprie e altrui.

Facciamo un esempio. Con la storia di Pollicino, il bambino può conoscere e riconoscere le emozioni legate all’esperienza di abbandono quali paura, dolore per la perdita di persone care dalle quali ci si attende amore, tristezza e angoscia. Ma anche speranza di riuscire a ritrovare le figure di cui si ha bisogno, fiducia nelle proprie risorse e capacità, affrontando le difficoltà in modo attivo, orientandosi anche negli ambiti dell’ignoto (la foresta); e così via.

L’esperienza di ascoltare racconti ha degli enormi vantaggi: non è necessario che l’esperienza sia stata vissuta dal bambino realmente fino in fondo, per essere riconosciuta. Identificandosi con Pollicino, il bambino può riconoscere le proprie esperienze di quando si è sentito abbandonato, senza che necessariamente quegli abbandoni abbiano dovuto essere così totali e così crudeli come quelli della storia.

Questa capacità di riconoscere e identificarsi nelle emozioni è una capacità che viene progressivamente acquisita, allenata e perfezionata nel corso della vita, già a partire dai primissimi momenti dopo la nascita.

La presenza empatica dell’adulto narrante dà efficacia e forza alla validazione di quelle esperienze, contribuendo a renderle pensabili e accettabili.

In tutto questo hanno un ruolo fondamentale le figure educative che ruotano intorno al bambino, a cominciare dalla mamma e dal papà, che attraverso il riconoscimento, l’accettazione, la condivisione delle emozioni dei personaggi e di quelle del bambino, lo aiutano a maturare una propria autoconsapevolezza emotiva.

Impara progressivamente sempre meglio a riconoscere, ad apprezzare, a gestire, a modulare, a padroneggiare, a comunicare le proprie emozioni. Impara a non avere paura delle esperienze emotive, proprie e degli altri, ma ad esserne incuriosito e attento partecipe. Impara a mettersi nei panni degli altri e ad essere aperto a qualunque tipo di esperienza, anche molto differente dalle sue.

Ampliamento e arricchimento dello spazio mentale

Confrontiamo ora l’esperienza che si fa assistendo a un film o cartone animato e quella di sentire o leggere una storia.

Nel racconto e nella lettura, ci si trova spinti a immaginare, a costruire delle proprie immagini personali, attivando delle rappresentazioni mentali di ciò che viene narrato o letto. Rendiamo operativa la nostra creatività personale, inventiamo.

Guardare la televisione (cartoni animati, videogiochi, giochi di destrezza…) è invece un processo passivo, basato sulla percezione delle immagini e il bambino è quindi costretto a rimanere costantemente in contatto con la concretezza della realtà esterna a lui. Corre il rischio di diventare probabilmente un bambino perfettamente “ammaestrato”, capace delle più rapide e precise risposte immediate ai vari stimoli (un campione nei videogiochi, per esempio), ma rischierà di non saper costruire poco all’interno della propria mente, perché sarà poco in grado di svincolarsi dalla percezione di ogni singolo momento, per attivare risorse interiori di fantasia e di creatività. Rischierà di diventare abilissimo nelle cose concrete, ma quasi vuoto per quel che riguarda il suo proprio mondo interno.

Per contro, l’attivazione della fantasia favorisce la rappresentazione mentale della realtà anche in assenza della realtà medesima, col risultato che lo spazio mentale viene potenziato e arricchito.

L’apprendimento cognitivo

È risaputo che ciò che viene conosciuto e appreso in un clima di affetti, di condivisione emotiva, di attivazione dell’immaginazione e della fantasia, in quel clima relazionale “magico” di scoperte e ritrovamenti rimane impresso nella nostra mente in maniera del tutto speciale.

Trovandosi assiduamente in contatto con il linguaggio parlato e scritto, il bambino acquisisce maggiore familiarità, e tende a sviluppare, quindi, non solo maggiore curiosità, ma anche maggiori conoscenze per tutto ciò che riguarda tali tipi di linguaggio.

Sarà, allora, probabile che apprenda più precocemente a comprendere e a saper usare le parole e i discorsi articolati, così come, a tempo debito, a scrivere più precocemente e in modi più strutturati e appropriati. Allo stesso modo, sarà probabile che migliorino anche le capacità di pensiero autonomo articolato e complesso. Inoltre, venendo in contatto con la descrizione di molte cose, molti ambienti, molte situazioni, molti eventi, molte connessioni, e con molteplici tipi di espressioni verbali e sintattiche, egli sarà facilitato nell’arricchire il proprio patrimonio di conoscenze e di modalità di espressione verbale.

Generalmente, il racconto è più ricco di contenuti rispetto ai film e ai cartoni animati. Il racconto corredato di illustrazioni, è poi ancora più ricco del puro e semplice racconto, perché, tramite le immagini reali, da lo spunto, da quasi un “invito” per la costruzione di immagini mentali interne.

Conoscere la vita della sue varie possibilità e nei suoi possibili sviluppi

Quante volte fantastichiamo su tutte le esperienze e le avventure che vorremmo fare nel corso della nostra vita? Quante poi riusciamo effettivamente a farne? Nella realtà le nostre esperienze non possono essere infinite, non solo per i limiti di tempo, ma anche perché ogni esperienza che facciamo comporta delle scelte. Non ci basterebbero cento vite per poterci fare un’idea delle principali possibili varianti e dei principali possibili sviluppi della nostra vita, se per conoscerli avessimo soltanto la possibilità di sperimentarli direttamente.

Nella vita reale, una volta fatta (o non fatta) una scelta, tutte le altre scelte sono escluse.

Attraverso il racconto e la lettura di storie, invece, è quasi come se riuscissimo a vivere più di una vita, a conoscere altre possibili vite e infinite avventure. Se leggiamo o ascoltiamo il racconto di una vita altra dalla nostra, arricchiamo la nostra esperienza.

L’osservazione e il racconto delle vite altrui, infatti, “apre”, per così dire, delle nuove possibilità alla nostra personale esperienza: le emozioni sono vere, verissime, anche se le situazioni e gli accadimenti sono soltanto immaginati.

Dicono che Jules Verne, famosissimo autore di romanzi d’avventure (Il giro del mondo in ottanta giorni; Cinque settimane in pallone; Viaggio al centro della Terra; Ventimila leghe sotto i mari; I figli del Capitano Grant; L’isola misteriosa; Dalla Terra alla Luna; ecc,), non si sia mai mosso da casa sua. Ha, per così dire, “vissuto”, e ci ha fatto “vivere”, le più meravigliose e incredibili avventure in tutto il mondo, senza che né lui, né noi, né nessuno dovessimo muoverci.

Apprendimento dei valori e dei disvalori

Ogni storia rappresenta situazioni buone, belle, desiderabili e situazioni cattive, brutte, temibili. Spesso è proprio questo contrasto quello che fa da molla per l’azione nel divenire del racconto: si tratta di evitare situazioni cattive e di cercare di realizzare situazioni buone o di ripristinare situazioni buone dopo che certi eventi le avevano trasformate in cattive.

Il bambino, nell’ascolto di storie, viene a sentire che certi valori (le cose e le azioni buone) e certi disvalori (le cose e le azioni cattive) sono distinguibili tra di loro; possono essere condivisi e posti a fondamento della vita. I valori e i disvalori, così, possono essere riconosciuti, divenire elementi di base per orientarsi nella valutazione degli accadimenti, essere utilizzati come fondamento nella scelta fra i possibili comportamenti e le possibili azioni.

Le storie ascoltate e poi lette possono contribuire, quindi, alla costruzione condivisa delle basi della morale e dell’etica, patrimonio che il bambino porterà sempre dentro di sé, nel corso di tutta la propria vita.

Apprendimento delle regole della vita relazionale e sociale

Mentre ascolta e immagina storie, il bambino è indotto a rappresentarsi nella mente anche i differenti modi in cui possono venire strutturate le relazioni fra le persone nelle differenti situazioni di vita. Impara, così, le “regole” della vita relazionale e sociale: ci sono modi buoni e modi cattivi, modi accettabili e modi inaccettabili, modi adeguati e modi inadeguati, modi raccomandabili e modi sconsigliabili, modi desiderabili e modi temibili.

Questo apprendimento è importantissimo per la socializzazione.

Per esempio, il bambino impara che, per essere alla fine contenti, conviene porsi in rapporto con gli altri e con la realtà in modi adeguati, che bisogna cogliere e considerare anche il punto di vista degli altri, che è più bello andare d’accordo, piuttosto che litigare, senza però sottomettersi masochisticamente agli altri tradendo se stessi.

Arricchimento della relazione

Il narrare storie arricchisce potentemente la relazione affettiva fra adulto e bambino, rendendola più forte, più modulata, più profonda, più “di grande spessore”. È quasi come l’arricchirsi e l’approfondirsi della relazione fra persone che hanno fatto insieme e condiviso le stesse esperienze, soprattutto se particolarmente drammatiche.

L’arricchirsi della relazione affettiva avviene principalmente perché, come accade fra coloro che condividono la medesima esperienza, si struttura una sorta di intreccio di identificazioni. Intreccio vivo e mobile. Intreccio emotivo, intreccio esperienziale.

È bello e piacevole

Raccontare e ascoltare racconti, scriverli e leggerli, è piacevole: per chi li legge, per chi li ascolta, per chi li racconta, per chi li scrive. Per chi li inventa e per chi ne usufruisce, “reinventandoli” nella propria mente. E basterebbe già questo solo motivo, per prestarvi attenzione e dedicarvi del tempo.

Si parlava all’inizio dell’articolo del ruolo delle storie durante gli incontri di psicomotricità.

Esse permettono di muovere i pensieri, le immagini e le azioni vissute nel gioco. Il movimento avviene a livello di immagini, attraverso l’identificazione con i personaggi della storia, a volte letta sui libri, a volte inventata e raccontata dagli stessi bambini.

Spesso i temi riguardano l’affermazione di sé e della propria identità, altri temi riguardano la loro paura di essere inseguiti, presi, racchiusi, abbandonati, mangiati. La storia ha quindi il ruolo di dare una rassicurazione emozionale ai bambini, con finali positivi e happy ending (il protagonista che diventa l’eroe e che trionfa sull’aggressore).

“La lettura è quel sesto senso che va piantato, innaffiato e curato. I libri sono semi: alimentano la mente, accrescono l’intelligenza e la creatività, come il cibo irrobustisce le ossa e i muscoli.” – Gianni Rodari

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